Il Tribunale
LIBRO VII
I PROCESSI
PARTE I
IL GIUDIZIO IN GENERALE
(Cann. 1400 – 1500)
Can. 1400 – §1. Oggetto del giudizio sono:
1) i diritti di persone fisiche o giuridiche da perseguire o da rivendicare, o fatti giuridici da dichiarare;
2) i delitti per quanto riguarda l’irrogazione e la dichiarazione della pena.
2. Tuttavia le controversie insorte per un atto di potestà amministrativa possono essere deferite solo al Superiore o al tribunale amministrativo.
Can. 1401 – La Chiesa per diritto proprio ed esclusivo giudica:
1) le cause che riguardano cose spirituali e annesse alle spirituali;
2) la violazione delle leggi ecclesiastiche e tutto ciò in cui vi è ragione di peccato, per quanto concerne lo stabilirne la colpa ed infliggere pene ecclesiastiche.
Can. 1402 – Tutti i tribunali della Chiesa sono retti dai canoni seguenti, salve le norme dei tribunali della Sede Apostolica.
Can. 1403 – §1. Le cause di canonizzazione dei Servi di Dio, sono regolate da una legge pontificia peculiare.
2. Alle stesse cause si applicano inoltre le disposizioni di questo Codice, ogniqualvolta in quella legge si rinvia al diritto universale, o si tratta di norme che per la natura stessa della cosa le riguardano.
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TITOLO II
DIFFERENTI GRADI E SPECIE DI TRIBUNALI
(Cann. 1417 – 1445)
Can. 1417 – §1. In forza del primato del Romano Pontefice, qualunque fedele è libero di deferire al giudizio della Santa Sede la propria causa, sia contenziosa sia penale, in qualsiasi grado di giudizio e in qualunque stadio della lite, oppure d’introdurla avanti alla medesima.
2. Tuttavia la richiesta interposta alla Sede Apostolica non sospende, salvo il caso di appello, l’esercizio della giurisdizione nel giudice che ha già cominciato a giudicare la causa; e questi può pertanto proseguire il giudizio fino alla sentenza definitiva, a meno che la Sede Apostolica non gli abbia comunicato di avere avocato a sé la causa.
Can. 1418 – Qualsiasi tribunale ha diritto di chiamare in aiuto un altro tribunale per istruire la causa o per intimare gli atti.
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CAPITOLO I
(Cann. 1419-1427)
IL TRIBUNALE DI PRIMA ISTANZA
Articolo 1
Il giudice
Can. 1419 – §1. In ciascuna diocesi e per tutte le cause non escluse espressamente dal diritto, giudice di prima istanza è il Vescovo diocesano, che può esercitare la potestà giudiziaria personalmente o tramite altri, secondo i canoni che seguono.
2. Se poi si tratta di diritti o di beni temporali di una persona giuridica rappresentata dal Vescovo, giudica in primo grado il tribunale di appello.
Can. 1420 – §1. Tutti i Vescovi diocesani sono tenuti a costituire un Vicario giudiziale o Officiale con potestà ordinaria per giudicare, distinto dal Vicario generale a meno che l’esiguità della diocesi o lo scarso numero di cause non suggerisca altrimenti.
2. Il Vicario giudiziale forma un unico tribunale con il Vescovo, ma non può giudicare le cause che il Vescovo riserva a sé.
3. Al Vicario giudiziale possono essere dati degli aiutanti, detti Vicari giudiziali aggiunti o Vice-officiali.
4. Sia il Vicario giudiziale sia i Vicari giudiziali aggiunti devono essere sacerdoti, di integra fama, dottori o almeno licenziati in diritto canonico e che non abbiano meno di trent’anni.
5. Essi non cessano dall’incarico quando la sede si rende vacante, né possono essere rimossi dall’Amministratore diocesano; venendo però il nuovo Vescovo devono essere riconfermati.
Can. 1421 – §1. Nella diocesi il Vescovo costituisca giudici diocesani che siano chierici.
2. La Conferenza Episcopale può permettere che anche fedeli laici siano costituiti giudici; di essi, se la necessità lo suggerisce, uno può essere assunto a formare un collegio.
3. I giudici siano di integra fama e dottori in diritto canonico o almeno licenziati.
Can. 1422 – Il Vicario giudiziale, i Vicari giudiziali aggiunti e gli altri giudici sono nominati a tempo determinato, fermo restando il disposto del can. 1420, §5, e non possono essere rimossi se non per causa legittima e grave.
Can. 1423 – §1. Più Vescovi diocesani possono concordemente, con l’approvazione della Sede Apostolica, costituire nelle loro diocesi un unico tribunale di prima istanza, in luogo dei tribunali diocesani di cui nei cann. 1419-1421; nel qual caso a quel gruppo di Vescovi o al Vescovo da essi designato competono tutti i poteri che ha il Vescovo diocesano per il proprio tribunale.
2. I tribunali di cui al §1, possono essere costituiti per tutte le cause oppure soltanto per determinati generi di cause.
Can. 1424 – Il giudice unico in qualunque giudizio può scegliersi come consulenti due assessori, chierici o laici di onesta condotta.
Can. 1425 – §1. Riprovata la consuetudine contraria, al tribunale collegiale di tre giudici sono riservate:
1) le cause contenziose: a) sul vincolo della sacra ordinazione e sugli oneri ad essa annessi; b) sul vincolo del matrimonio, fermo restando il disposto dei cann. 168e e 1688;
2) le cause penali: a) sui delitti che possono comportare la pena della dimissione dallo stato clericale; b) per infliggere o dichiarare la scomunica.
2. Il Vescovo può affidare le cause più difficili o di maggiore importanza al giudizio di tre o cinque giudici.
3. Il Vicario giudiziale chiami i giudici a giudicare le singole cause secondo un turno ordinatamente stabilito, a meno che il Vescovo in casi singoli non abbia stabilito diversamente.
4. In primo grado di giudizio, se eventualmente non si possa costituire un collegio, la Conferenza Episcopale, fintantoché perduri tale impossibilità, può permettere che il Vescovo affidi la causa ad un unico giudice chierico, il quale si scelga, ove sia possibile, un assessore e un uditore.
5. Il Vicario giudiziale non sostituisca i giudici una volta designati se non per gravissima causa, che deve essere espressa nel decreto.
Can. 1426 – §1. Il tribunale collegiale deve procedere collegialmente, e dare sentenze a maggioranza di voti.
2. Lo deve presiedere, nella misura del possibile, il Vicario giudiziale o un Vicario giudiziale aggiunto.
- Arcivescovo Metropolita/Vicario Giudiziale/Vicari Giudiziali Aggiunti
- Giudici Collegiali
- Promotore di Giustizia/Difensore del Vincolo
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- Vice-Cancelliere/Attuario
Ai sensi del can. 221 CIC è diritto dei fedeli rivendicare e difendere legittimamente i diritti di cui godono nella Chiesa presso il foro ecclesiastico competente a norma del diritto.
Secondo il can. 1401 CIC, la Chiesa per diritto proprio ed esclusivo giudica:
- le cause che riguardano cose spirituali e annesse alle spirituali;
- la violazione delle leggi ecclesiastiche e tutto ciò in cui vi è ragione di peccato, per quanto concerne lo stabilirne la colpa ed infliggere pene ecclesiastiche.
Oggetto del giudizio canonico, secondo il can. 1400 CIC, sono:
- i diritti di persone fisiche o giuridiche da perseguire o da rivendicare, o fatti giuridici da dichiarare [cause contenziose];
- i delitti per quanto riguarda l’irrogazione e la dichiarazione della pena [cause penali];
- le controversie insorte per un atto di potestà amministrativa, che possono tuttavia essere deferite solo al Superiore o al tribunale amministrativo [controversie amministrative].
Tutti i tribunali della Chiesa sono disciplinati dalle norme del Codice di diritto canonico, salve le norme dei tribunali della Sede Apostolica (can. 1402 CIC).
Il can. 1404 CIC prevede che la Sede Apostolica non possa essere giudicata da nessuno.
Qualunque fedele, in forza del primato del Romano Pontefice, ha diritto di deferire al giudizio della Santa Sede la propria causa, sia contenziosa sia penale, in qualsiasi grado di giudizio e in qualunque stadio della lite, oppure d’introdurla direttamente davanti ad essa (can. 1417 CIC).
Il Tribunale Ecclesiastico Metropolitano dell’Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano è Tribunale Ordinario di IIª Istanza per l’Eparchia di Lungro per gli Italo-Albanesi dell’Italia Continentale, e per l’ Arcidiocesi di Reggio Calabria – Bova
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