Sezione Prima
- Delegato Arcivescovile ‘Stabilmente Costituito’/Vicario Giudiziale
- Promotore di Giustizia/Difensore del Vincolo
- Cancelliere
- Attuario
DECRETO GENERALE SUL MATRIMONIO CANONICO
Approvato dalla XXXII Assemblea Generale (14-18 maggio 1990) e promulgato con decreto del Presidente della CEI in data 5 novembre 1990 (in NCEI 1990, 10/257-279). È in vigore dal 17 febbraio 1991.
VIII. DISPENSA DAL MATRIMONIO RATO E NON CONSUMATO
63. La situazione che si viene a creare tra i coniugi in caso di matrimonio rato e non consumato è spesso delicata e complessa e può legittimamente indurre i medesimi, alle condizioni previste dal diritto della Chiesa, a inoltrare domanda per la concessione della dispensa “super rato et non consummato”.
Per la cura pastorale di questi casi e per l’assicurazione di un’opportuna consulenza giuridica ci si attenga, per analogia, alle indicazioni dei nn. 56 e 58.
64. Competente per ricevere la domanda e per svolgere l’istruttoria in vista del rescritto di dispensa è il Vescovo diocesano della parte oratrice, che si avvale della collaborazione del Tribunale diocesano o interdiocesano o regionale oppure di un
sacerdote idoneo debitamente delegato.
Il voto conclusivo dell’istruttoria dev’essere dato personalmente dal Vescovo, e deve riguardare il fatto della non consumazione, l’esistenza della giusta causa e l’opportunità della concessione della dispensa.
65. Il Vescovo, cui la Sede Apostolica trasmette il rescritto pontificio di dispensa, deve notificarlo alle parti e nello stesso tempo dar mandato sia al parroco della parrocchia in cui fu celebrato il matrimonio sia a quello della parrocchia in cui ciascuno degli sposi fu battezzato di annotare la concessione della dispensa nel libro dei matrimoni e in quello dei battezzati (cfr can. 1706).
66. La rimozione del divieto di passare a nuove nozze “inconsulto Ordinario”, contenuto in un rescritto di dispensa “super rato et non consummato”, si intende di competenza dell’Ordinario del luogo nel quale viene istruita la pratica per la celebrazione del nuovo matrimonio, salva diversa precisazione.
Per la regolarizzazione della situazione delle parti interessate ci si attenga a quanto indicato nel n. 44, par. 4 del presente decreto.
DAL MATRIMONIO RATO E NON CONSUMATO
- Delegato Arcivescovile ‘Stabilmente Costituito’/Vicario Giudiziale
- Promotore di Giustizia
- Cancelliere
- Attuario/Notaro
DOCUMENTI RICHIESTI PER L’ISTRUTTORIA DI UNA CAUSA DI DISPENSA
DAGLI OBBLIGHI DELL’ORDINAZIONE SACERDOTALE
- Lettera del sacerdote interessato diretta, con spirito di umiltà e penitenza, al Santo Padre, con sintesi delle motivazioni principali che lo hanno indotto alla defezione e le ragioni che non gli consentono di ritornare sui propri passi per superare la crisi e riprendere il proprio ministero.
La domanda dovrà essere sottoscritta di propria mano dall’Oratore che chiede insieme alla dispensa dagli obblighi anche la riduzione allo stato laicale. - Un curriculum vitae dell’Oratore nel quale, insieme alle tappe e date più significative della propria vita, della propria formazione e del proprio ministero, vengano riprese, spiegate e motivate con maggior profondità ed accuratezza le ragioni della propria crisi e defezione ed evidenziati, se esistono, i motivi che inducono a ritenerla irreversibile. (Il curriculum funge da libello introduttivo per la Causa, insieme alla richiesta di dispensa).
- Un documento in cui siano riassunti tutti i pastorali tentativi esperiti da parte dell’Ordinario diocesano o dei Superiori Religiosi, per dissuadere l’Oratore dall’inoltrare la domanda di dispensa e gli aiuti che gli sono stati forniti per agevolare il superamento della crisi, il ritorno sulla
retta via e la ripresa dell’attività ministeriale. - Un documento da cui risulti che l’Oratore, definitivamente deciso ad abbandonare, sia stato sospeso dall’esercizio del Sacro Ordine – evitando ogni scandalo e fatta salva la sua reputazione – dal momento in cui é stata presentata ed accolta dal proprio Ordinario la domanda di dispensa.
- Un decreto di nomina dell’Istruttore della Causa e dell’Attuario con l’obbligo di attenersi alle Norme sostanziali emanate dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, il 14 ottobre 1980 (AAS, LXII (1980), pp. 1132-1137).
- L’interrogatorio dell’Oratore fatto dall’Istruttore in presenza dell’Attuario e premesso il giuramento de veritate dicenda, con apposite predisposte e pertinenti domande, soprattutto relative al periodo di formazione precedente l’Ordinazione e con più approfondita indagine su tutto quel che
riguarda particolarmente le ragioni addotte ed indicate nel curriculum come motivi della crisi, della defezione e dell’irreversibilità della stessa. - L’interrogatorio o le deposizioni dei testimoni sia indicati dall’Oratore che scelti dall’Istruttore: genitori e familiari dell’Oratore; suoi Superiori e condiscepoli del tempo della formazione; suoi Superiori e confratelli attuali, ecc.
- Eventuali perizie mediche, psicologiche, psicanalitiche o psichiatriche del tempo di formazione o anche successive.
- Copia degli Scrutini previ alle sacre Ordinazioni ed altra documentazione relativa all’Oratore e reperibile negli Archivi delle case di formazione.
- Un voto personale riassuntivo dell’Istruttore circa il merito della Causa e
l’opportunità o utilità o meno della concessione della dispensa, tenuto conto non solo delle motivazioni riscontrate nell’istruttoria e del bene personale dell’Oratore, ma anche del bene universale della Chiesa e di quello della Diocesi o dell’Istituto Religioso e delle anime che furono affidate al ministero dell’Oratore. - Un voto personale del Vescovo o del Superiore Religioso che hanno provveduto a far istruire la Causa, sia sul merito della stessa Causa dalla lettura degli atti che hanno ricevuto dall’Istruttore, sia sulla possibilità o sulla opportunità della concessione della dispensa e sull’assenza di scandalo in caso di eventuale concessione della stessa.
- Un voto generale circa l’assenza di scandalo da parte dell’Ordinario del luogo ove, di fatto, l’Oratore dimora da quando ha lasciato il ministero.
- Copia autenticata dell’eventuale attentato matrimonio civile e di eventuali dichiarazioni di nullità o di divorzio riguardanti la donna o l’Oratore.
NB: I predetti atti, raccolti ed ordinatamente rilegati, impaginati e numerati dovranno essere
tutti autenticati dall’Attuario e spediti in triplice copia alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti e non contenere eventuali illeggibili manoscritti, i quali, se ritenuti di qualche importanza, dovranno esse trascritti in dattilografia. Dicasi altrettanto per le fotocopie illeggibili.
DIACONI DIMISSIONE DEI DIACONI DALLO STATO CLERICALE E DISPENSA DA TUTTI GLI OBBLIGHI DELL’ORDINAZIONE
- Secondo la legislazione canonica vigente e la prassi della Congregazione, la dimissione dallo stato clericale con dispensa dagli obblighi dell’Ordinazione può essere concessa solo «ob graves causas» (Can. 290 § 3), tanto ai Diaconi transeunti che a quelli permanenti, sia del clero diocesano che di quello religioso, su richiesta spontanea del Diacono interessato, allegando la seguente documentazione:
a) La domanda dell’oratore «propria manu subscripta» e diretta al Santo Padre, in cui si chiede esplicitamente la grazia e si accenna brevemente ai motivi che hanno indotto a domandarla;
b) un «curriculum vitae» dell’oratore, in cui si evidenzia la gravità e la gradualità
degli eventi che hanno portato alla crisi e le eventuali responsabilità proprie o altrui;
c) il voto del proprio Vescovo o Superiore Maggiore o Provinciale sul «de rei
veritate» e sull’opportunità o meno della dimissione dallo stato clericale e della concessione della dispensa;
d) qualche testimonianza – deposizione da parte dei superiori – educatori e dei colleghi di formazione e di ministero;
e) gli atti d’archivio relativi al periodo della formazione e gli «scrutini» per
l’ammissione all’Ordine (Can. 1051). - Per la dimissione dallo stato clericale di un Diacono che si rifiuta di chiederla «sua sponte», occorre un processo giudiziario vero e proprio, come contemplato dal Can. 1342 § 2, e per il quale si richiede non solo la non idoneità ma un delitto dell’oratore, per il quale il C.I.C. prevede la dimissione dallo stato clericale.
a) Tale provvedimento é di competenza del Vescovo diocesano o del Superiore Religioso.
b) Alla successiva eventuale dispensa dal celibato, si può poi provvedere con regolare domanda di grazia (can. 291).
ed inoltre:
Norme per la dispensa dal celibato sacerdotale a istanza di parte
(Normae de dispensatione a sacerdotali coelibatu ad instantiam partis), 14 ottobre 1980
- Arcivescovo Metropolita/Vicario Giudiziale
- Cancelliere
Documentazione Richiesta per la Rimozione del Divieto ‘Inconsulto Ordinario’
– Istanza all’Ordinario
– Dichiarazione della persona con la quale si intende contrarre altro
matrimonio
– Dichiarazione del Parroco e/o Sacerdote che conosce la Parte
– Se già contratto matrimonio civile, il Certificato del Comune
– Se sono presenti dei figli, allegare uno stato di famiglia recente
– Sentenza Ecclesiastica di I Grado
– Sentenza Ecclesiastica di II Grado
– Atti civili: Separazione e Divorzio (se esiste)
– Estratto per Riassunto dell’Atto di Matrimonio dal Comune
– Certificato di Battesimo con le ‘Annotazioni’: nascita, battesimo, cresima, matrimonio, nullità, divieto
Riferimento normativo
Cfr.: PONTIFICIUM CONSILIUM
DE LEGUM TEXTIBUS, N. 11248/2008 del 21 aprile 2008
- Arcivescovo Metropolita/Vicario Giudiziale
- Cancelliere
Documentazione Richiesta per la Rimozione del Divieto ‘Inconsulto Tribunali’
– Istanza all’Ordinario
– L’Ordinario chiede il parere al Tribunale di Primo Grado
– Dichiarazione della persona con la quale si intende contrarre altro matrimonio
– Dichiarazione del Parroco e/o Sacerdote che conosce la Parte
– Certificazione di un psicologo (per nullità ex can. 1095 n. 2) o di uno psichiatra (per nullità ex can. 1095 .n.3 C,IC) della locale ASL attestante l’attuale situazione psicologica del richiedente, in ordine alla assunzione delle responsabilità connesse alla vita matrimoniale.
Sia il Tribunale, che l’Ordinario, si riservano di richiedere – eventualmente – detta certificazione ad un Perito di Loro fiducia, a spese del richiedente.
– Se già contratto matrimonio civile, il Certificato del Comune
– Se sono presenti dei figli, allegare uno stato di famiglia recente
– Sentenza Ecclesiastica di I Grado
– Sentenza Ecclesiastica di II Grado
– Atti civili: Separazione e Divorzio (se esiste)
– Estratto per Riassunto dell’Atto di Matrimonio dal Comune
– Certificato di Battesimo con le ‘Annotazioni’: nascita, battesimo, cresima, matrimonio, nullità, divieto
Riferimento normativo
Cfr.: PONTIFICIUM CONSILIUM
DE LEGUM TEXTIBUS, N. 11248/2008 del 21 aprile 2008
I passi del cammino verso la santità (cfr.: http://www.causesanti.va/it.
DECRETO GENERALE SUL MATRIMONIO CANONICO
Approvato dalla XXXII Assemblea Generale (14-18 maggio 1990) e promulgato con decreto del
Presidente della CEI in data 5 novembre 1990 (in NCEI 1990, 10/257-279). È in vigore dal 17 febbraio 1991.
VI. SEPARAZIONE CONIUGALE
54. L’assistenza che le comunità ecclesiali, sotto la guida dei loro pastori, sono impegnate ad assicurare ai coniugi perché la loro condizione matrimoniale sia vissuta in spirito cristiano (cfr can. 1063) deve farsi ancor più sollecita nei casi in cui la convivenza coniugale attraversa momenti di grave difficoltà.
In particolare, quando si verificano le situazioni previste dai cann. 1152 e 1153 si deve fare ogni sforzo per aiutare i coniugi in difficoltà ad evitare il ricorso alla separazione, anche attraverso l’opera di consulenza e di sostegno svolta dai consultori di ispirazione cristiana.
Resta fermo tuttavia che, alle condizioni previste dai canoni citati, i coniugi hanno il diritto di interrompere la convivenza, soprattutto quando la sua prosecuzione arrecherebbe di fatto grave danno ai coniugi stessi o ai figli.
55. Di norma le cause di separazione tra i coniugi siano trattate avanti l’autorità giudiziaria civile, fatto salvo in ogni caso il diritto dei fedeli di accedere alla giurisdizione ecclesiastica quando essi siano legati da vincolo soltanto religioso o quando lo richiedano ragioni di coscienza.
In questi ultimi casi i coniugi interessati possono chiedere al Vescovo diocesano l’emanazione di un decreto (cfr can. 1692, par. 1) oppure rivolgersi al tribunale diocesano, il quale, costituito ordinariamente da un unico giudice, procederà con l’intervento del promotore di giustizia, ai sensi dei cann. 1693-1696.
Premessa:
(cfr.: https://www.avvocatorotale.it/
Il diritto Penale nella Chiesa:
E poiché la Chiesa crede nella forza della grazia, esercita tale potestà condannando il peccato, accompagnando il reo e sostenendo chi si pente e vuole ravvedersi (sacramento della penitenza, del perdono e della riconciliazione).
Le pene della Chiesa non sono però come quelle degli Stati, sono di ordine spirituale ed operano nell’ambito della coscienza.
La pena canonica è ritenuta la extrema ratio: si ricorre ad essa quando gli altri mezzi non hanno raggiunto lo scopo, che nell’ordinamento canonico è triplice:
1) emendamento del reo
2) riparazione dello scandalo
3) ristabilimento della giustizia
La principale finalità della pena canonica rimane comunque la conversione del reo, nella speranza che questo accetti la punizione come espiazione del suo peccato e nella prospettiva della misericordia cristiana.
È il can. 1341 ad esprimere lo spirito del diritto penale e ad essere la guida pastorale per i superiori e i giudici che devono applicare il diritto penale nella Chiesa.
pene ferendae sententiae: vengono applicate solo dopo essere state formalmente inflitte dall’autorità. Sono pene a iure nel momento costitutivo ma ab homine in quello impositivo.
pene latae sententiae: si applicano ipso iure alla commissione della trasgressione: non è necessaria una valutazione da parte del giudice o del superiore. Il fatto viene considerato grave dalla norma e alla sua violazione è già associata la pena che verrà soltanto dichiarata. Sono sempre pene a iure, comminate cioè da una legge o da un precetto e sono ridotte a singoli e gravissimi delitti dolosi.
Il processo penale nell’ordinamento canonico
Solo dopo aver constatato il fallimento dei rimedi pastorali, e quindi il mancato raggiungimento della conversio, l’Ordinario deve decidere quale via seguire: quella del processo giudiziale o quella del processo amministrativo, la cui differenza è rilevante non solo dal punto di vista formale ma anche sostanziale.
L’acquisizione di tale certezza deve essere oggettiva e inderogabilmente essere preceduta:
a) dalla raccolta delle prove, che siano attendibili;
b) dalla discussione sulle prove raccolte;
c) dalla possibilità data all’imputato di difendersi.
LA VIA AMMINISTRATIVA
Il processo penale amministrativo è regolato da un solo canone, il 1720 il quale:
– prevede garanzie in favore del reo ed ogni suo diritto di difesa;
– richiama la necessità della valutazione delle prove e di tutti gli argomenti e
– stabilisce che il processo termina con decreto.
Se è iniziato il processo amministrativo in qualsiasi momento si può decidere di passare alla via giudiziaria.
Can. 1311 – § 1. La Chiesa ha il diritto nativo e proprio di costringere con sanzioni penali i fedeli che hanno commesso delitti.
Can. 1312 – § 2. Chi presiede nella Chiesa, deve custodire e promuovere il bene della stessa comunità e dei singoli fedeli, con la carità pastorale, con l’esempio della vita, con il consiglio e l’esortazione e, se necessario, anche con l’inflizione o la dichiarazione delle pene, secondo i precetti della legge, che sempre devono essere applicati con equità canonica, e tenendo presente la reintegrazione della giustizia, la correzione del reo e la riparazione dello scandalo.
Accedi al testo completo
https://www.vatican.va/
IN FORMA DI «MOTU PROPRIO»
FRANCESCO
NEL CODICE DI DIRITTO CANONICO
Scioglimento in favore della fede [1]
Le condizioni per scioglimento del matrimonio in favorem fidei [2]
La Chiesa cattolica ha riconosciuto il potere del Romano Pontefice di sciogliere i matrimoni non sacramentali in favorem fidei, oltre ai casi previsti dai cann. 1148 e 1149 CIC. Attualmente, la normativa di riferimento è contenuta nelle Norme Potestas Ecclesiae del 2001 [3].
Tradizionalmente, le ipotesi trattate dalla Congregazione per la Dottrina della Fede riguardano: lo scioglimento di un matrimonio dispari, validamente contratto da un acattolico con un non battezzato, senza dispensa dall’impedimento di disparità di culto [4]; lo scioglimento di un matrimonio contratto tra una parte cattolica e una non battezzata, con dispensa dall’impedimento di disparità di culto; lo scioglimento di un matrimonio tra due non battezzati.
L’art. 1 delle Norme Potestas Ecclesiae indica i presupposti per la concessione dello scioglimento in favorem fidei, che possono essere sintetizzati nella mancanza del battesimo e nell’inconsumazione.
Più precisamente, l’unione non deve essere stata consumata dopo l’eventuale battesimo di entrambi: ciò è l’ulteriore conferma dell’impossibilità di sciogliere un matrimonio rato e consumato.
Se questi requisiti sono ad validitatem, gli artt. 4 e 5 introducono altre tre condizioni, la cui presenza è necessaria per la liceità del provvedimento.
L’art. 4 prescrive che, al fine di concedere lo scioglimento del matrimonio, non sia possibile ricostituire la comunione di vita tra i coniugi e che la parte attrice non versi in colpa esclusiva o prevalente nel fallimento della coppia.
Inoltre, dal momento che lo scioglimento è concesso in favorem fidei, qualora il nuovo matrimonio sia con una parte non battezzata o battezzata non cattolica, è necessario che i nubendi dichiarino formalmente l’impegno a che la parte cattolica non corra il pericolo per la propria fede e che i figli siano battezzati ed educati secondo la religione cattolica.
Ulteriori prescrizioni concernono il divieto di chiedere nuovamente lo scioglimento, qualora esso sia stato già concesso, e, se la grazia è richiesta rispetto a un matrimonio con dispensa dall’impedimento di disparitas, sarà possibile sposarsi solo con una persona battezzata.
Aspetti procedurali alla luce delle Norme Potestas Ecclesiae
Il procedimento delineato dalle Norme Potestas Ecclesiae si divide in due fasi: una istruttoria, condotta a livello diocesano o eparchiale, e una decisionale, spettante al Pontefice.
Con riguardo all’istruttoria, è possibile incardinare il procedimento anche davanti al vescovo della diocesi o eparchia in cui è stata vissuta maggiormente la vicenda matrimoniale o dove si trovino più testimoni.
L’iter amministrativo prende avvio con la supplica o petitio di parte oratrice, indirizzata al Romano Pontefice e consegnata al Vescovo diocesano o eparchiale.
Tra gli elementi essenziali della petitio vi è l’indicazione delle generalità delle parti coinvolte, la descrizione della fattispecie matrimoniale contratta e il motivo del divorzio o separazione; inoltre, si dichiara la presenza o meno dei figli e si espone la situazione attuale; infine, si enuncia il petitum, cioè la grazia dello scioglimento del matrimonio contratto, per contrarre o convalidare un nuovo matrimonio [5].
Sono allegati alla supplica: l’atto di matrimonio; l’atto del divorzio o separazione; il certificato di battesimo della parte eventualmente battezzata al tempo del matrimonio e della parte che si intende sposare; le liste testimoniali.
La fase istruttoria è diretta, da un lato, a promuovere, quando possibile, la riconciliazione dei coniugi, e, dall’altro, a raccogliere il materiale probatorio, che confermi la sussistenza dei requisiti per ottenere lo scioglimento.
A tal fine, è costituito il tribunale diocesano ed è nominato dal vescovo un istruttore e il difensore del vincolo [6].
L’istruttore interroga i coniugi e dispone la citazione dei testi; acquisisce i documenti necessari; raccoglie ogni informazione utile sull’educazione religiosa dei figli, sullo stato di vita dell’altra parte, sull’eventuale battesimo della parte pagana e sulla coabitazione delle parti dopo il rispettivo battesimo [7].
L’istruttore chiude con decreto questa fase, senza che siano pubblicati gli atti [8], e ne cura la trasmissione al vescovo, allegandovi la propria relazione e quella del difensore del vincolo.
Il Vescovo formula un proprio votum, nel quale precisa il parere sulla concessione della grazia.
Ultimata la fase istruttoria, la decisione passa alla Congregazione per la Dottrina della Fede [9], più precisamente, all’Ufficio Matrimoniale in essa costituito.
L’esame dell’Ufficio Matrimoniale, inizialmente, si appunta sulla completezza dell’istruttoria; se è positivo, interviene con proprie osservazioni il difensore del vincolo della Congregazione.
Infine, la causa è valutata da tre commissari, i quali espongono i propri vota all’Ufficio riunito in seduta comune.
La decisione può essere: negativa, di trasmissione degli atti al vescovo per un supplementum instructorium, di trasmissione delle questioni al Congresso o alla Consulta della Congregazione stessa per la risoluzione di questioni rispettivamente procedurali o dottrinali, o di accoglimento (pro gratia).
Se è formulato il parere pro gratia, gli atti sono inviati al Santo Padre, che provvederà definitivamente sulla grazia, solitamente nell’udienza al Prefetto o al Segretario della Congregazione.
Concesso il rescritto pontificio, le parti lo riceveranno per il tramite del vescovo.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”
(S. Giovanni Paolo II)
Norme
per istruire il processo per
lo scioglimento del vincolo matrimoniale
‘In Favore della Fede’.
(Norme ‘Potestas Ecclesiae’ alle quali attenersi nell’istruire il processo per lo scioglimento del vincolo matrimoniale ‘In Favorem Fidei’, 30 aprile 2001, Città del Vaticano 2001).
PARTE I
art. 1. – II matrimonio contratto dalle parti, delle quali almeno una non sia battezzata, può essere sciolto dal Romano Pontefice in favore della fede, purché il matrimonio stesso non sia stato consumato dopo che ambedue i coniugi hanno ricevuto il battesimo.
art. 2. – Spetta alla Congregazione per la Dottrina della Fede esaminare i singoli casi e, se ricorrono le condizioni, presentare al Sommo Pontefice la domanda per chiedere la grazia.
art. 3 – Il Vescovo diocesano e gli equiparati a lui nel diritto, o il Vescovo eparchiale. hanno la competenza per istruire il processo.
art. 4 – Per la concessione della grazia dello scioglimento del vincolo si richiede che al momento della concessione:
1° non ci sia nessuna possibilità di ristabilire la convivenza coniugale:
2° la parte richiedente non sia stata causa colpevole, esclusiva o prevalente, del naufragio della convivenza coniugale, né la parte con la quale si devono contrarre o convalidare le nuove nozze non abbia provocato per propria colpa la separazione dei coniugi.
art. 5. – § 1. La parte cattolica, se intende contrarre o convalidare un nuovo matrimonio con una persona non battezzata o battezzata non cattolica, dichiari di essere pronta a rimuovere i pericoli di venir meno alla fede e la parte acattolica dichiari di essere disposta a lasciare alla parte cattolica la libertà di professare la propria religione e di battezzare ed educare cattolicamente i figli.
- 2. La grazia di scioglimento è concessa soltanto se questa dichiarazione scritta sarà firmata per accettazione da ambedue le parti.
art. 6. – II processo non può essere istruito per lo scioglimento del vincolo di un matrimonio che sia stato contratto o convalidato dopo l’ottenimento di scioglimento in favore della fede di un precedente matrimonio, ne può essere ammesso ad esame presso la Congregazione per la Dottrina della Fede.
art. 7. – § 1. La domanda per lo scioglimento del vincolo di un matrimonio non-sacramentale contratto con la dispensa dall’impedimento di disparità di culto può essere presentata al Sommo Pontefice se la parte cattolica intende contrarre nuove nozze con una persona battezzata.
- 2. Nello stesso caso si può presentare la domanda al Sommo Pontefice se la parte non battezzata intende ricevere il battesimo e celebrare nuove nozze con una parte battezzata.
- 3. Il vescovo non inoltri alla Congregazione per la Dottrina della Fede le richieste se ci fosse un prudenziale dubbio sulla sincerità della conversione della parte richiedente o della parte promessa in matrimonio, benché una delle due o ambedue abbiano ricevuto il battesimo.
art. 8. – Quando trattasi di un matrimonio che sarà celebrato da un catecumeno, le nozze siano rinviate a dopo il battesimo: se ciò non fosse possibile per gravi cause, si abbia la certezza morale dell’imminente ricevimento del battesimo.
art. 9. – Ogni volta che ci sono difficoltà specifiche sul modo in cui la parte richiedente intenda onorare i suoi obblighi verso il coniuge precedente e gli eventuali figli, o si dovesse temere uno scandalo dalla concessione della grazia, il Vescovo consulti la Congregazione.
art. 10. – Sia nel processo presso il vescovo sia nell’esame presso la Congregazione per la Dottrina della Fede, se si dubitasse positivamente per qualche fondato motivo circa la validità del matrimonio stesso per il quale è stato chiesto lo scioglimento, le domande siano presentate al romano pontefice facendo esplicita menzione di tale dubbio.
PARTE II
art. 11. – § 1. Il Vescovo istruisca il processo o personalmente o conferendone l’incarico ad un istruttore scelto fra i giudici del tribunale o fra persone da lui stesso approvate per tale ufficio, con l’assistenza di un notaio e l’attiva partecipazione di un difensore del vincolo.
- 2. Tale conferimento dev’essere fatto per iscritto e di esso deve constare espressamente negli atti.
art. 12. – § I. Le asserzioni devono essere provate a norma di legge, sia con documenti sia con deposizioni di testimoni degni di fede.
- 2. Nella fase istruttoria siano ascoltati ambedue i coniugi.
- 3. Alle dichiarazioni delle parti non si può riconoscere il valore di prova piena, se non sono corroborate da altri elementi dai quali si possa trarre una certezza morale.
art. 13. – § 1. I documenti presentati, sia in originale sia in copia autentica, devono essere convalidati dal notaio.
- 2. I documenti da inviare alla Congregazione per la Dottrina della Fede siano integri e per di più in copia convalidata dal notaio del Vescovo.
art. 14. – § 1. L’interrogatorio delle parti e dei testimoni viene svolto dal giudice istruttore, in presenza del difensore del vincolo e con l’assistenza del notaio.
- 2. Il giudice istruttore esiga dalle parti e dai testimoni il giuramento di dire la verità o della verità di quanto affermato; se qualcuno si rifiutasse di emetterlo, sia ascoltato anche senza giuramento.
- 3. L’istruttore interroghi le parti e i testimoni secondo un questionario preparato in precedenza da lui stesso o dal difensore del vincolo; se il caso lo richiedesse, può aggiungere altre domande.
- 4. Le risposte devono essere firmate dalla parte, dall’istruttore stesso come pure dal notaio.
art. 15. – § 1. Se una delle due parti o un testimone si rifiutasse o non avesse la possibilità di comparire e deporre alla presenza dell’istruttore, le loro dichiarazioni possono essere raccolte alla presenza di un notaio o in qualunque altro modo legittimo, purché consti della loro genuinità e autenticità.
- 2. L’assenza dal processo di una delle due parti, dichiarata a norma di legge, deve risultare dagli atti.
art. 16. – § 1. L’assenza del battesimo in uno dei due coniugi va dimostrata in modo tale da togliere ogni prudenziale dubbio.
- 2. Si ascoltino i testimoni, prendendo in considerazione la credibilità dei medesimi, per quanto risulti fra i genitori e consanguinei della parte non battezzata, o coloro che nel periodo dell’infanzia hanno vissuto insieme ad essa e hanno conosciuto tutto lo svolgersi della sua vita.
- 3. I testimoni devono essere interrogati non solo sull’assenza del battesimo, ma anche sulle circostanze e indizi, dai quali appaia probabile che il battesimo non fu conferito.
- 4. Si deve provvedere anche a controllare i registri dei battezzati nei luoghi in cui risulta che la parte che si dice non battezzata ha trascorso gli anni dell’infanzia, soprattutto nelle chiese che essa eventualmente avesse frequentato o nella chiesa in cui ha celebrato il matrimonio.
- 5. Se il matrimonio fu celebrato con la dispensa dall’impedimento di disparità di culto, il giudice istruttore acquisisca agli atti le copie della dispensa come anche dell’interrogatorio prematrimoniale.
art. 17. – § 1. Se nel periodo in cui viene chiesta la grazia dello scioglimento il coniuge non battezzato riceve il battesimo, si deve svolgere un’indagine circa la eventuale coabitazione avuta dopo il battesimo; su questo siano sentiti anche dei testimoni.
- 2. Siano interrogate le stesse parti in causa per sentire se dopo la separazione abbiano avuto tra loro qualche relazione e di che tipo, e soprattutto se hanno avuto rapporti coniugali completi.
art. 18. – § 1. Il giudice istruttore raccolga informazioni circa lo stato di vita dell’altra parte, e non ometta di precisare se essa dopo il divorzio ha attentato nuove nozze.
- 2. Interroghi le parti e i testimoni circa la causa della separazione o del divorzio, cosicché sia manifesto di chi sia stata la colpa della rottura del matrimonio o dei matrimoni.
art. 19. – § 1. Dev’essere presentata copia del decreto di divorzio o della sentenza di nullità civile delle parti.
- 2. Qualora ci fossero, devono essere presentate le copie del decreto di divorzio o della sentenza di nullità civile e il dispositivo della sentenza canonica di nullità del matrimonio o di qualsiasi matrimonio attentato dall’uno o dall’altro promesso sposo.
art. 20. – § 1. Il giudice istruttore precisi se la parte richiedente ha avuto dei figli e in che modo abbia provveduto o intenda provvedere, secondo le leggi e le proprie possibilità, all’educazione religiosa della prole stessa.
- 2. L’istruttore deve interrogare anche circa gli obblighi morali o civili nei confronti del primo coniuge e circa l’eventuale prole avuta.
art. 21. – § 1. La parte richiedente o promessa in matrimonio, se si fosse convertita e avesse già ricevuto il battesimo, dev’essere interrogata circa il tempo e l’intenzione nel ricevere il battesimo.
- 2. Sulle motivazioni che sono state la causa del battesimo dev’essere interrogato anche il parroco, soprattutto circa la consapevolezza delle parti.
art. 22. – § 1. Negli atti si faccia una relazione esplicita della religiosità sia della parte richiedente sia della parte promessa in matrimonio.
- 2. Devono essere acquisiti agli atti i documenti di battesimo o di professione di fede o ambedue.
art. 23. – Completata l’istruzione, il giudice istruttore trasmetta tutti gli atti, omettendone la pubblicazione, accompagnati da una opportuna relazione al difensore del vincolo: è suo compito scoprire le ragioni, se ve ne fossero, che si oppongono allo scioglimento del vincolo.
art. 24. – § 1. Il Vescovo, ricevuti tutti gli atti, esponga il parere circa la petizione: in esso sia precisato dettagliatamente se sono state adempiute tutte le condizioni per la concessione della grazia, in particolare se siano state prestate le cauzioni di cui all’art. 5.
- 2. Siano esposte le motivazioni che potrebbero consigliare la concessione della grazia, aggiungendo sempre se la parte richiedente abbia già attentato in qualunque modo un nuovo matrimonio o viva in concubinato.
art. 25. – § 1. Il vescovo trasmetta alla Congregazione per la Dottrina della Fede tre copie di tutti gli atti riprodotti a stampa, unitamente al proprio parere e alle osservazioni del difensore del vincolo, completati con l’indice della materia e il sommario.
- 2. Si provveda anche a far sì che gli atti della causa, redatti nella lingua e nello stile del luogo, siano tradotti in una delle lingue accolte nell’ordinamento della Curia Romana, allegando una dichiarazione sotto giuramento che ne garantisce la fedele versione e trascrizione.
[1] Cfr.: Micciché A., Le Norme “Potestas Ecclesiae” sullo scioglimento del matrimonio “in favorem fidei”, Vox Canonica, Novembre 2021.
[2] Il privilegio paolino è, in diritto canonico, una causa di scioglimento del vincolo matrimoniale, previsto dai can. 1143-1147 del Codex Iuris Canonici. È così denominato perché trae origine da una lettera di San Paolo (I Cor. 7, 12-15). In base al privilegio paolino i matrimoni legittimi sono sciolti, in favore della fede (favor fidei), cioè per favorire l’esercizio della fede cristiana del credente, quando uno dei coniugi, sposatisi senza essere battezzati, riceva successivamente il battesimo e l’altro coniuge si rifiuti di continuare la convivenza o non voglia coabitare pacificamente senza offesa a Dio. In tal caso la parte battezzata, interpellata l’altra parte per conoscere la sua eventuale disponibilità al battesimo o almeno alla pacifica convivenza, ove l’esito sia negativo, acquista il diritto di contrarre un nuovo matrimonio con altra parte cattolica ed, eventualmente, per grave causa e col consenso del vescovo, anche con una parte non cattolica, battezzata o non.
Per privilegio petrino (can. 1148) si intende quella speciale autorità vicaria di cui gode ancora il Romano Pontefice, quale successore di Pietro, in forza della quale un matrimonio può essere sciolto in favore della fede (c.d. «favor fidei»), analogamente a quanto si verifica con il privilegio paolino. Tale possibilità di scioglimento si configura nei casi di matrimoni intercorsi tra un infedele e una parte cristiana battezzata in una confessione non cattolica, anche in caso di consumazione (che non hanno perciò carattere sacramentale, come lo hanno invece quelli tra due persone battezzate nella Chiesa cattolica), allorquando la parte convertita al cattolicesimo non possa più convivere con l’altra. A tale potere del Pontefice si ricollega, in via similare, quello relativo allo scioglimento delle unioni poligamiche o poliandriche. In tal modo, l’uomo che abbia più mogli tutte non battezzate che si converta al cattolicesimo dovrebbe rimanere con la prima di esse. Tuttavia, qualora ciò risulti difficile, può trattenere con sé quella che preferisce, abbandonando le altre. Analogamente nel caso della donna che abbia più mariti e che successivamente si converta alla fede cattolica.
[3] Per una nota storica sulle origini dell’istituto e sulle differenti discipline, cfr. la Praefatio alle Norme Potestas Ecclesiae, nonché l’Appendice I a L. Sabbarese-E. Frank, Scioglimento “in favorem fidei” del matrimonio non sacramentale. Norme e procedura, Urbaniana University Press, Roma 2010, pp. 107-115. Una completa disamina della disciplina può essere rinvenuta in F. Gravino, La procedura per lo scioglimento del matrimonio non sacramentale “in favorem fidei”, in Diritto e religioni, n. 2/2014, pp. 25-54.
[4] Si segnala che, con il Codice pio-benedettino del 1917, è stato ridotto il campo di applicazione dell’impedimento della disparitas cultus ai soli battezzati cattolici, pertanto, mentre in precedenza queste ipotesi erano trattate sub specie nullitatis, ora l’unico rimedio è lo scioglimento in favorem fidei.
[5] Devono essere indicate le generalità del nubendo nel nuovo matrimonio, a pena di inammissibilità della domanda; rispetto a una domanda priva dell’indicazione della pars desponsa nemmeno è costituito il tribunale diocesano.
[6] Il vescovo stesso può riservare a sé l’istruzione (art. 11 Norme Potestas Ecclesiae), ma dovrà essere sempre assistito dal difensore del vincolo, che ha il compito di individuare se e quali siano i motivi ostativi alla concessione della grazia.
[7] La fase istruttoria è disciplinata negli articoli da 12 a 23 delle Norme Potestas Ecclesiae.
[8] Ciò in quanto si tratta di un procedimento amministrativo e non di un processo contenzioso (cfr. art. 23 Norme Potestas Ecclesiae).
[9] Competente, ai sensi dell’art. 53 della Costituzione Pastor Bonus, a “cognoscere, tum in iure tum in facto, quae privilegium fidei respicuit”.